Cimata di Fossa Cavalli

Le montagne del Velino non tradiscono mai.
Una lunga salita di 1400m. di dislivello per entrare nel cuore delle montagne del Velino. Quota neve è alta, i versanti ovest ne sono completamente privi; il Viglio oltre la piana di Avezzano ci rimane a lungo negli occhi, poi una volta sopra le creste di Fossa Cavalli gli orizzonti si allargano dai Sibillini alla Majella; una splendida distesa di montagne primaverili che stentano a mantenersi imbiancate.


Un piacevole ritorno sui sentieri che fino a qualche anno fa eravamo soliti frequentare spesso. Da Massa d’Albe per il sentiero 7 e poi liberamente scorrazzando sui pratoni di Fossa Cavalli per le linee che ci sono sembrate più logiche fino alla vetta della Cimata omonima alla fossa. Sentiero e segnaletica di molto migliorata rispetto a qualche anno fa, le bandierine bianco-rosse, forse in certi tratti anche troppo abbondanti, prendono per mano l’escursionista sui tanti lunghi traversi che avvitandosi in interminabili tornanti risalgono il versante del Cafornia. Parcheggiamo su una prateria un chilometro oltre la piazzetta che chiude il centro abitato, nei pressi dell’ultima abitazione che si perde sotto le piane pendici del Velino-Cafornia; tornerà comodo al ritorno risparmiare qualche passo. Seguendo la strada brecciata, anche questa mi sembra sia stata manutenuta rispetto al rovinoso stato degli anni passati, raggiungiamo fonte Canale (1170m. circa +20 min.), importante il getto d’acqua alla fonte anche se la neve sul versante Est della montagna è praticamente sparita fin molto sopra i 2000m. Una mappa in bella vista su una recente pensilina del comune di Masse evidenzia i sentieri da li in avanti, grossi segnali sulle rocce e qualche cartello fanno il resto, si sale fiancheggiando il bosco di pini che si vede dietro la fonte e gli si gira attorno; altri cartelli lungo questo tratto di sentiero creano gli incroci per le salite al velino, nulla è lasciato all’intuito anche se il passaggio degli animali ha creato una rete di tracce che sembrano tutte buone. Aggirando il bosco di pini e seguendo le bandierine si casca inevitabilmente sul sentiero che tra brecce e rocce affioranti prende a salire quasi sempre con una pendenza gradevole. Tra la rada vegetazione poco più in alto ci sfilano davanti affatto timorosi un piccolo branco di giovani cervi che si dileguano nel tempo in cui si sono apparsi; come dicevo lunghi sono i traversi e interminabili i tornanti, per fortuna l’ottima visibilità della giornata ci fa godere un vastissimo panorama su tutta la piana di Avezzano, sul Viglio fino agli Ernici e sui profili delle montagne del parco da qui indistinguibili. Saliamo con ritmo costante, un leggero venticello ed una temperatura gradevole aiutano non poco; ad ogni tornante la sagoma di Peschio Rovicino e della ruvida Costa della Sentina si avvicinano. Sulla verticale del rifugio di Casale del Monte inizia l’aggiramento del versante e si entra nel vallone, un maestoso Grifone ad ali spianate ci plana poco lontano regalandoci davvero un bel momento; come un aliante, senza un battito d’ali, si allontana confondendosi con le rocce. Raggiungiamo l’incrocio dei sentieri dove ha inizio il 7A (+2 ore) che sale sulla costa del Cafornia diretto alla sua cima, continuiamo invece traversando dentro il vallone fino a raggiungere dei grossi blocchi di pietra, superata una inconsistente lingua di neve prendiamo a destra del canale e tra due evidenti tondi promontori con pochi e frequenti tornanti, superiamo un netto dislivello fino ad entrare nella grandissima conca di Fossa Cavalli, un anfiteatro dominato dal Cafornia a sinistra e da tutta la cresta delle cimette che formano la Cimata. Il paesaggio è tipicamente primaverile, neve oltre i 1900 metri, abbondante nel cuore del vallone, pezzato di erba scura e marcia nel resto dei pratoni fino quasi alle creste che aggettano sulla valle Majellama. Inizia da qui una salita lenta e interminabile, senza traccia distinguibile, un pendio quasi uguale dall’inizio fino alla fine, eterno, dove ogni passo sembra non avvicinare a nulla; in altro un grosso branco di cervi si va spostando senza fretta tagliando il versante diretti verso il lato più a Sud dell’ampio vallone, più basso e per questo scoperto da neve; si va a fondere con un branco di cavalli e nessuno dei tanti ci degnano di attenzione. Sullo sfondo iI monte Sentinella è una bianca rotondità pezzata di neve, e il Magnola poco sopra e dietro è invece ancora completamente bianco ma si intuisce che anche a quelle quote la primavera sta facendo i sui passi molto velocemente. Con passo costante che a noi sembra anche lento, continuiamo a salire per vie logiche e senza traccia cercando di scansare il più possibile le chiazze di neve fin quando non ci diventa impossibile farlo. Raggiungiamo la piccola sella che anticipa la Cimata, si apre la voragine della Majellama, l’orizzonte si allunga fino al Gran Sasso, ed ovviamente davanti si stende tutta la sfilata di cime del Bicchero, di Cima Trento e Trieste, di Cima di Pezza da una parte e del Costone da quella opposta. Poca la neve, molti gli spazi in cui la roccia torna a farla da padrona, la tipica montagna primaverile. Allo scoperto il vento prende a farsi sentire forte, è freddo, toglie presto l’entusiasmo del panorama che avevamo davanti; su neve molle prendiamo a traversare verso le cimette che compongono la Cimata e bivacchiamo in uno dei pochi tratti scoperti (+1.45 ore), a pochi metri dalla vetta e chiaramente al coperto dal vento. Di fronte il Cafornia, in direzione Sud la sfilata di montagne vicine, Sentinella, Magnola e Sirente, lontana la Majella che chiude l’orizzonte, Fossa Cavali sotto ed il sole in fronte; dopo aver salito più di 1300m. non poteva che rappresentare il paradiso. Mangiamo qualcosa, ci riposiamo e soprattutto ci godiamo in silenzio il momento che sembrava appartenere al passato tanto era il tempo che non salivamo in montagna. Dopo una ventina di minuti il freddo inizia a farsi sentire e riprendiamo in discesa, più o meno sui passi della salita fino a ritrovare i sentieri scoperti da neve e le segnaletiche che ci accompagnano facilmente in basso. Il sentiero ora completamente ed efficacemente segnalato ci ha fatto scendere senza indugi; il versante è scavato da una miriade di tracce, troppe e tante, tutte percorribili, tanto che hanno “sfasciato” brutalmente il versante; nelle precedenti discese avevamo avuto non poche difficoltà a mantenere la traccia principale senza quasi mai riuscirci e chiaramente massacrandoci di fatica quando si finiva per incastrarsi in tratti improponibili. Oggi no, in 2 ore abbiamo raggiunto fonte Canale e in altri 25 minuti la nostra auto. Il vento non soffiava più, ci siamo goduti silenzio, sole e il Cafornia alle spalle in assoluto silenzio, gustandoci l’ultimo panino rimasto. Poco più di 1400 m. superati e lo sentivamo tutto nei piedi e nelle ginocchia, come sempre l’istinto e la voglia di fare ha superato la ragione ma è stato bello questo ritorno sul Velino.